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SERVE UNA LEGGE NAZIONALE PER LE COOP DI COMUNITA'

Primo incontro nazionale al Rifugio dell'Aquila di Ligonchio (RE)

martedì 16 dicembre 2025

«Le cooperative di comunità sono l'esempio concreto di come i cittadini possano organizzarsi per rispondere ai bisogni del territorio quando le istituzioni non arrivano o non bastano;  gestiscono servizi culturali, turistici, commerciali, ambientali in aree dove altrimenti non ci sarebbe nulla. Si impegnano a rinnovare i servizi essenziali dove è sparito tutto, farmacie, uffici postali e bancari, i bar. Ma questo modello virtuoso rischia di rimanere marginale senza un adeguato sostegno legislativo».

Ad affermarlo è Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat, anche a fronte della ricerca del Centro Studi di Confcooperative che fotografa una realtà in espansione, ma ancora strutturalmente fragile.

La ricerca è stata presentata a Ligonchio, nell’alto Appennino reggiano, nel corso  del primo incontro nazionale di Confcooperative dedicato alle cooperative di comunità.

L’evento si è tenuto al Rifugio dell’Aquila, l’importante struttura ricettiva gestita dalla cooperativa di comunità San Rocco, una delle strutture di punta della cooperazione di comunità di Confcooperative Terre d’Emilia.

Proprio da lì, dunque, sono partite sollecitazioni importanti a proposito dello sviluppo di forme d’impresa che diventano motori di sviluppo economico e sociale per territori che scontano particolari difficoltà di tenuta e sviluppo.

«Confcooperative chiede al Parlamento e al Governo – sottolinea al proposito Maggioni - di approvare una legge quadro nazionale sulle cooperative di comunità che ne riconosca la funzione di interesse generale e definisca strumenti di sostegno specifici. Semplificare la burocrazia e creare procedure dedicate per l'accesso a bandi e finanziamenti. Il dialogo strategico con le amministrazioni dei piccoli borghi è fondamentale, ma spesso per le cooperative di comunità è una strada dissestata».

Sono 150 le cooperative di comunità aderenti a Confcooperative, presenti in 18 regioni e 139 comuni italiani, con quasi 5.000 soci e 605 addetti occupati. Il 72% opera nelle aree interne, quelle zone del Paese distanti dai servizi essenziali e più esposte allo spopolamento. Una cooperativa su due ha sede in comuni classificati come periferici o ultraperiferici.

«Le cooperative di comunità – afferma Maggioni -  si stanno inoltre dimostrando uno strumento di autoimprenditoria giovanile particolarmente attrattivo, ma la loro dimensione imprenditoriale è ancora molto contenuta ed è per questo che Confcooperative Habitat sta puntando molto sulle sinergie di rete e sugli strumenti di consolidamento».

Le cooperative di comunità si distinguono per l'intersettorialità: il 54,5% opera in attività culturali e valorizzazione territoriale, il 29,5% nei servizi ambientali, il 27,7% nella ristorazione, il 16,1% nel commercio alimentare. Quattro occupati su dieci sono donne, percentuale che sale al 45,5% nelle Aree Interne.

«Le cooperative di comunità rientrano tra le nuove frontiere del mutualismo. Uno strumento per ricreare impresa e sviluppo e per combattere lo spopolamento delle aree interne. Ma anche per riqualificare le aree degradate delle città. Su questo - conclude Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative - attendiamo ancora la legge quadro nazionale che armonizzi le normative regionali. È un fenomeno che esalta l’autoimprenditorialità, la cittadinanza attiva delle persone. Una leva fondamentale per ridare vita a 5.500 comuni italiani, il 67% della superficie del paese, dove lo Stato arretra e il privato speculativo non progetta investimenti, ma dove le persone hanno bisogno di servizi, di lavoro, di restare sul territorio per contrastare il dissesto idrogeologico e per valorizzare le tradizioni».

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