Allo scopo di fornire indicazioni utili ad uniformare l’attività delle strutture territoriali nelle fasi di istruttoria e valutazione dei procedimenti volti all’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri, in periodo antecedente e successivo al parto, l’INL ha emanato, il 10 luglio scorso, la nota n. 5944/2025.
L’ispettorato ricorda che la base normativa è costituita dalle disposizioni di cui agli artt. 6, 7 e 17 del d.lgs. n. 151/2001 finalizzate a tutelare la salute della lavoratrice madre e della prole attraverso l’adozione di misure di protezione in relazione alle condizioni di lavoro e alle mansioni svolte ovvero attraverso l’astensione dal lavoro, nonché dalle previsioni di natura esecutiva contenute nell’art. 18, commi 7 e 8, del D.P.R. n. 1026/1976 (tuttora vigente in forza dell’art. 87 del d.lgs. n. 151/2001).
Risultando il documento estremamente completo e sufficientemente chiaro si rimanda alla sua lettura. In questa circolare andremo ad evidenziarne solo alcuni aspetti che, per quanto non nuovi, appaiono di un certo interesse.
Il primo aspetto da ricordare è quello legato alla corretta elaborazione del DVR anche nell’ambito dei rischi per le lavoratrici nei periodi della gestazione e del post parto. L’Ispettorato chiarisce che “la valutazione del rischio effettuata dal datore di lavoro”, come previsto all’art. 11 del d.lgs. n. 151/2001 nonché all’art. 28 comma 1 del d.lgs. n. 81/2008, “costituisce il presupposto sulla base del quale deve essere emesso il provvedimento di interdizione …”.
La valutazione dei rischi, secondo l’art. 11 del d.lgs. n. 151/2001, deve tenere in considerazione i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici in condizioni di lavoro di cui all’allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea, individuando, le misure di prevenzione e protezione da adottare.
Inoltre l’INL ricorda che dei risultati della valutazione dei rischi e sulle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate devono essere informate tutte le lavoratrici ed i rappresentanti per la sicurezza. Le lavoratrici vanno altresì informate che tutte le misure di tutela previste dal d.lgs. n. 151/2001 saranno attivate solo dopo aver comunicato al datore di lavoro lo stato di gravidanza anche mediante la presentazione del certificato medico che lo attesta.
Qualora i risultati della valutazione di cui all’art. 11 comma 1 rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adotta le misure necessarie affinché l’esposizione al rischio delle lavoratrici sia evitata modificandone temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro…”.
Quando la modifica delle condizioni o dell’orario di lavoro non sia possibile per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro provvede allo spostamento della lavoratrice ad altro reparto/mansione non pregiudizievole al suo stato. Infine quando le precedenti ipotesi non siano possibili, il datore di lavoro dovrà tempestivamente avanzare istanza di astensione ante partum/post partum, all’ITL competente per territorio, al fine di ottenere il conseguente provvedimento autorizzativo.
Un secondo aspetto che riteniamo utile evidenziare è legato alle attività scolastiche. L’INL richiama la propria nota n. 2269 del 14.11.2022 che riprende quanto stabilito dal MLPS nel 2005 e ribadisce che: “durante il periodo di chiusura dell’anno scolastico per pausa estiva, venendo meno il contatto con i bambini, non si configurano rischi derivanti alla lavoratrice (insegnante) dalla sua attività lavorativa che infatti rimane sospesa fino alla ripresa del nuovo anno scolastico. Pertanto, non sarebbe giustificata l’emanazione di un provvedimento di astensione dell’insegnante dal lavoro in corrispondenza di un periodo di mancato svolgimento dell’attività principale, individuata come fattore di rischio all’interno del DVR.”
Infine l’estensore dalla nota ritiene importante precisare che la valutazione circa la possibilità ovvero l’impossibilità di spostamento ad altre mansioni compete, in via esclusiva, al datore di lavoro, il quale deve tenere conto del fatto che l’eventuale mutamento di mansioni o l’adibizione a mansioni diverse, anche inferiori, garantisca l’efficienza dell’organizzazione aziendale e non comprometta le finalità economiche dell’azienda stessa.
Questo comporta che l’eventuale accertamento da parte dell’Ufficio, teso a verificare la veridicità di quanto asserito dal datore di lavoro in ordine alla impossibilità di spostamento ad altra mansione, deve essere considerata circostanza eccezionale, legata alla particolarità della singola fattispecie, e l’eventuale provvedimento di diniego dovrà essere debitamente motivato.